Marcello Fois, Stirpe


Esiste il libro ideale da proporre ai partecipanti di un gruppo di lettura?
Pensando agli ultimi incontri, mi viene in mente la bella discussione successiva alla lettura di Padri e figli di Turgenev (netta divisione tra la curva nord, entusiasta del romanzo, e la curva de “i russi non ci fanno impazzire”) o la spassosa discussione post-Dracula tra gli aspiranti vampiri e i lettori cerebrali ("Mai letto un romanzo gotico in passato ed ora so il perché…"). Se il gruppo accarezza il libro del mese sospirando, inevitabilmente la discussione sarà fiacca (troppi riscontri positivi); in compenso, l’ego di chi ha proposto il titolo crescerà a dismisura. Non a caso, il mese scorso sono uscita dalla biblioteca saltellando.
Lo confesso: avevo proposto la lettura di Stirpe di Marcello Fois perché era da tanto che giravo intorno alla saga dei Chironi; volevo che qualcuno mi raccontasse una storia ed ho pensato di potermi fidare di uno scrittore che alle storie ha dedicato un festival (L’isola delle storie, Festival letterario della Sardegna. Messaggio per la nostra amica Teresa Anna che si divide tra Ciampino e la Sardegna: se sei nei pressi di Gavoi, attendiamo fiduciosi il racconto della quattordicesima edizione del festival). Certo, non potevo escludere che il libro si rivelasse una sòla e, in quel caso, non sarebbe stato semplice placare gli animi degli equiLibrisiti, lettori esigenti che non fanno sconti a nessuno, inclusi premi Nobel (Albert Camus) e mancati premi Nobel (Philip Roth, che riposi in pace).
A sorpresa, Marcello Fois ha conquistato tutti. Sconosciuto ai più, è stato divorato in tre giorni da Silvana, ha ammaliato Valeria, stregato Lina (che ormai avrà già concluso la lettura dell’intera saga dei Chironi) e confermato le inossidabili convinzioni di Marcella: gli autori italiani sono imbattibili. Eppure questa volta non era scontato che il romanzo potesse piacere: scrittore italiano sì, ma contemporaneo, nato a Nuoro nel 1960. Così contemporaneo che non te l’aspetti una scrittura tanto evocativa, epica, che sa d’altri tempi. Entri in un mondo arcaico, come fa notare Valeria, e una pagina dopo l’altra vedi l’antica Nur, campagna e roccia in cui gli uomini avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie, assumere lo status di città: Nuoro. La vecchia Via Majore diventa corso Garibaldi, l’Ufficio delle Finanze spazza via la vigna, il rigore della Nuoro, provincia del Littorio, sostituisce l’autorità dei briganti locali. La Storia del Continente s’intreccia con le storie delle moltitudini di questo fazzoletto di terra, che lottano per non finire nell’anonimato.    
Una storia in cui la famiglia dei Chironi si ostina a metter radici. Orfano e dischente di fabbro lui, Michele Angelo Chironi, frutto non riconosciuto del peccato di una notte lei, Mercede; entrambi venuti dal Nulla combattono testardamente per non ricadere nel Nulla.
Sarà un’esistenza di figli amati e talvolta non capiti, di figli uccisi barbaramente, di figli che non hanno mai visto la luce; una storia di solitudine, di silenzi, di sguardi seri, di occhi bassi, di lunghe ore di lavoro per forgiare il metallo. Sacrificio, dedizione, impegno: le commesse aumentano, la bottega del fabbro diventa un’officina importante, aumentano i denari e le disgrazie. Perché il Fabbro, Michele Angelo Chironi, sa bene che ci vuole un attimo a contravvenire alla regola del pelo dell’acqua in cui deve galleggiare la nostra esistenza. 
Mai sotto la superficie, mai sopra, sempre solo galleggiare… Sul filo, contro l’invidia, contro la commiserazione. Su, troppo in alto, c’è la bestia verde e livida, che mangia male e non digerisce. Giù, sottotraccia, c’è il buffone ridanciano vestito in gramaglie, che con una mano ti accarezza e con l’altra ti pugnala. Chi pensasse alla parola fatalismo si ricreda, perché non è certo di questo che si tratta. Il particolare sentimento di cui si parla è piuttosto realismo, conoscenza intima della propria genetica. Lì non c’è dispari, c’è solo pari. «Tu sei me», dicono. E, se lo dicono, vogliono intendere che «Io sono te»: quello che hai, quello che ostenti, è una precisa sottrazione che tu fai a me. Noi siamo pari dunque: è questo il pelo dell’acqua, il resto è contravvenire. Se tu non sei pari, vuol dire che io sarò di volta in volta superiore o inferiore, invidiato o commiserato; se io non sono pari, costringerò te a venire su con me o ad affondare. Si cammina come sulle braci ardenti, si deve procedere leggerissimi per non bruciarsi, per non far rumore, per non farsi notare.

In Stirpe troviamo sa Gherra, la Prima, “quella vera”, l'avanzare del fascismo, l’omosessualità, il tradimento degli ideali politici, la paura, la follia. Se a questo romanzo dobbiamo proprio trovare un difetto, come dice Gianluca, è che ci sono così tante cose, perfettamente incastrate in 250 pagine, da lasciare il lettore esausto. Fois non concede un momento di tregua neppure ai morti che, puntualmente, tornano nelle notti insonni dei loro cari per raccontare la propria versione dei fatti. Di ogni episodio ascoltiamo le chiacchiere del paese e la verità di chi ha vissuto quella vicenda in prima persona (espediente narrativo che è molto piaciuto a Beatrice). E se è vero che conversando in biblioteca ci siamo soffermati prevalentemente sui momenti di maggiore sofferenza che caratterizzano il romanzo, è altrettanto vero che nessuno di noi ha chiuso il libro con il cuore pesante. Perché di questa storia tutti abbiamo percepito anche le risate non raccontate.
Eppure non si ha idea di quanti momenti felici si siano vissuti in quella casa, e non si ha idea di quanta disperazione sia stata risparmiata alla sua famiglia in questa stagione terribile. E quante risate, certo. È possibile che nei racconti le risate siano meno interessanti dei pianti, perché a noi ci piace la passione che si annida dentro alle sventure, ma risate ce ne sono state, e quante. Sarebbe uno sgarbo a Dio dire che dentro alla casa del maestro del ferro non è entrata mai la felicità.


Marcello Fois - foto pubblicata su Gagarin Magazin
“È una storia inventata, ma anche vera. Appeno posso la ricomincio da capo”, dice Fois nei ringraziamenti finali. Il lato positivo nell’aver scoperto un bel romanzo a distanza di qualche anno dalla pubblicazione è che l’autore, nel mentre, s’è dato da fare.
L’estate è alle porte e il Consorzio bibliotecario di Castelli romani possiede sia Nel tempo di mezzo che Luce perfetta: basta prenotarli.

Marcello Fois, Stirpe, Einaudi, 2009.

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