Il libro divisivo: Padri e figli, Ivan Turgenev

Chiusura d’anno col botto. Cosa puoi desiderare da un gruppo di lettura se non il confronto? E confronto fu.
Proporre un russo come ultimo libro dell’anno, da idea brillante cominciava a sembrarmi un autogol. Gli equiLibristi, in prossimità dell’incontro in biblioteca, da gruppo silenzioso e asocial tendono a scatenarsi. Di solito è Fabiana a lanciare il primo messaggio su whatsapp, seguita da Marina; Lucia, che era stata bravissima fino a 10 minuti prima, parte con il bombardamento; si aggiunge Daniela da Vienna e a ruota gli altri. Intanto il coordinatore si fa un’idea di come si svilupperà l’incontro. 
Questa volta, invece, silenzio totale. Un timido messaggio di Fabiana che diceva chiaramente di aver letto poco e niente, Marina che confermava, il bibliotecario che tranquillizzava tutti: «La biblioteca dispone di parecchi DVD».
Il peggio è arrivato quando io ho letto il libro. Sarà russo, sarà stato scritto nel 1861, vabbè, non sarà il Dosto, però ahivoglia se non c’è materiale per un dibattito! Possibile che non sia piaciuto a nessuno?
Mentre Ciampino e la Capitale si preparano degnamente al Santo Natale (leggi GRA completamente bloccato, traffico in tilt, rafforzamento muscolare del polpaccio tra freno e frizione), mi avvio mestamente verso la biblioteca. Trovo la folla delle grandi occasioni, riunita intorno ad una tale quantità di cibo da poter bivaccare in sala lettura fino a Capodanno. I dolci natalizi muovono gli animi più di un romanzo amato. E poi c’è lo scambio di doni. Però, dai!, sono un po’ matti gli equiLibristi se son disposti a farsi un paio d’ore d’auto nel caos prenatalizio per un russo, una fetta di panettone e un libro donato da chissàchi! Posso non adorarli?

Facciamola breve: a me Padri e figli è piaciuto assai, perché m’è sembrato attuale, a tratti poetico, lento senza essere noioso.
Ma ho cercato di trattenermi, perché ancora non capivo quale fosse lo stato d’animo degli equiLibristi. E le sensazioni dei partecipanti sono state così diverse da comprendere una volta per tutte cosa significhi l’oscura frase il libro è del lettore
Candida è stata lapidaria: noioso. E poi si è scusata, come tendiamo a fare quando temiamo di aver ferito una persona a cui vogliamo bene (insomma, Turgenev t’ha fatto trascorre un bel weekend ed io che faccio? Parlo male di un tuo amico? Giammai!). Ma Candida è stata solo la portabandiera della curva sud (Antonella, Renata, Pina, Rita), quella de “i russi non ci fanno impazzire ma questo qui, peggio che mai, uno stile non piano, piatto. Non vedo l’innovazione, tutto già sentito, personaggi stereotipati, l’ho finito perché ormai lo stavo leggendo e poi, sì, diciamolo, non l’ho mollato perché mi sentivo in dovere nei confronti del gruppo”. Hanno tutte la faccia di quelle che, finalmente, hanno devitalizzato il dente e torneranno a dormire sonni tranquilli.
Timidamente, la ventiseienne Beatrice prende le difese di Turgenev. In verità, a me è piaciuto tantissimo. Non l’ho trovato affatto noioso, ho scoperto che il termine nichilismo è stato coniato dallo stesso Turgenev; ho pensato fino a metà romanzo che il protagonista fosse Arkadij e solo più tardi ho capito il ruolo importante rivestito da Bazarov. 
Parla lentamente Beatrice, ma le ridono gli occhi; sta cercando le parole giuste per far capire perché Padri e figli l’abbia emozionata. L’amore che sgretola il nichilista, l’eroe che, alla fine, altri non è che un comune mortale: perché dovrebbe esser una storia d’altri tempi? Alessandro (il giovane) non ha l’entusiasmo di Beatrice: l’ha letto con calma, non l’ha trovato avvincente, ma gli è piaciuto questo modo di descrivere il rapporto tra padri e figli, quasi quanto è piaciuto a Gianluca. L’amore incondizionato di Nikolaj Petrovič che attende tre anni il ritorno del figlio, che si aggiorna, cerca di star al passo coi tempi per poter avere un rapporto quasi d’amicizia con Arkadij e, invece, cosa scopre? D’essere considerato un rudere. E si ricorda di quella volta in cui era stato lui a dire a sua madre: “Voi non potete capirmi; apparteniamo a due generazioni diverse”. 
Se Nikolaj Petrovic, che legge poesie e suona il clavicembalo alla tarda età di 44 anni, fa tenerezza, i genitori del nichilista Bazarov commuovono. Umili, miti, hanno riposto tutte le loro speranze in questo figlio ruvido, che a casa dei suoi si infastidisce dopo 2 giorni perché non riesce a lavorare (non che sia chiaro cosa debba fare), senza farsi alcuno scrupolo nel chiedere di preparare i cavalli perché lui se ne va. E i due vecchi posano la testa bianca, l’uno su quella dell’altra e si consolano. Un figlio è un pezzo di carne tagliato via. […] Io sola rimarrò per te sempre la stessa, e così tu per me.
Annamaria, che solitamente legge introduzione e critica letteraria solo dopo aver letto il libro ed essersene fatta una sua opinione, non può che complimentarsi con sé stessa. È arrivata alla sessa conclusione della critica: è nell’amore di questi due vecchi genitori, nel reciproco sostenersi di fronte alla tomba di Bazarov che si racchiude in significato più profondo del romanzo. Ni, Rita, la prof., scuote fortemente la testa. Turgenev non l’ha mai convinta, è evidente. Schiacciato tra Tolstoj e Dostoevskij non era amato dai suoi contemporanei; successivamente è stato considerato sdolcinato da Nabokov. Parte della critica evidenzia l’attenzione e l’interesse di Turgenev verso le donne ma a me non sembra che le donne ne vengano fuori tanto bene... 
“Nessuna libertà di opinione, nessuna larghezza di vedute, niente… è tutto il sistema di educazione che bisogna cambiare. Ci ho già pensato; le nostre donne sono educate molto male. […] Bisogna disprezzarle, e io le disprezzo, in modo totale e assoluto”.   
La curva nord, capitanata da Anna e Silvana, si lancia in difesa di Turgenev. Come potevano le donne venirne fuori bene? Ci siamo dimenticati del contesto sociale in cui è ambientato il romanzo? E poi, ad esser sinceri, sì, la Odincova non sarà questo personaggio così simpatico, ma è una donna senza pregiudizi, aperta, non ha neppure una fede ben salda e, come dice lo stesso Turgenev, non indietreggia davanti a nulla.
“Il fu Odincova lo aveva sopportato a malapena e le era rimasta un’avversione segreta per tutti gli uomini, che non s’immaginava altrimenti che come esseri poco puliti, pesanti e fiacchi, insopportabilmente noiosi”. Insomma, quando Turgenev ci si mette d’impegno, tira fuori dei personaggi femminili poco amati, ma di gran carattere.
In occasione della serata russa, Lina è arrivata in biblioteca con la giovane Irene, studentessa universitaria al primo anno, pronta ad affrontare il semestre russo. Stavamo leggendo lo stesso autore senza saperlo. Irene ha appena terminato Un nido di nobili e chiede a sua madre quale sia la trama di Padri e figli. In sintesi, quando io e te affrontiamo lo stesso argomento e poi discutiamo perché tu mi dici che io non capisco niente. Presente? Ecco, la stessa cosa. Lo scontro generazionale c’era due secoli fa come oggi. Sicuro? Luigi, ad esempio, non l’ha avvertito affatto. Non ho visto nulla di tutto ciò; il romanzo non mi ha colpito, m’è sembrato piatto. Ho trovato belle solo le ultime pagine. Niente di più. 
Ed io che credevo che a lui sarebbe piaciuto tantissimo, mentre Dino l’avrebbe fatto a pezzi. Quasi il contrario. Dino ci ha fatto notare che googlando Padri e figli, vengono fuori oltre al libro di Turgenev il film del 1957 di Monicelli, il film del 2015 di Muccino, il libro Gli sdraiati di Michele Serra e la relativa pellicola della Archibugi. Come dire: un tema eterno.
Eppure, secondo Amanda, più che Padri e figli, il titolo perfetto per questo romanzo sarebbe stato “Il nichilista”, che resta il cuore dell’opera.
“Un nichilista è un uomo che non si inchina dinnanzi a nessuna autorità, che non presta fede a nessun principio, da qualsiasi rispetto tale principio sia circondato”.
Mentre ci confrontiamo sulla lettura di Padri e figli, nella sala comunale si tiene un concerto, e questo sottofondo musicale non ci dispiace. Arriva il momento di Antonella. Devo dire che la letteratura russa non mi ha mai appassionato. Ho iniziato tanti romanzi senza terminarne uno. Padri e figli è il primo russo che leggo fino alla fine. E su questa affermazione, parte l’acuto del coro di Ciampino. Esultanza collettiva.
Il bibliotecario, già in modalità ferie, ci tiene a dire la sua. Serissimo: ecco, all’inizio anche a me Bazarov non stava così simpatico, poi però ho capito che rappresentava… Suspense. Tutti lì, incuriositi dalla svolta. Non ne ho letto neanche una pagina. Non fa per me. Vabbè dai, ci rifaremo a febbraio con Dracula, fortemente imposto… ehm… voluto dal bibliotecario in persona.
Da ultimo, in ordine cronologico, un messaggio di Fabiana, che ha terminato il libro durante le vacanze di Natale:
Sono ritornata a casa della Odincova: mò ti amo, poi ti odio, poi ti amo…
Eh già, l’amore.  


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