Il pomeriggio di un lettore


Riepilogo delle puntate precedenti. Tutto iniziò così...

... e, sottolineo la risposta di Candida a Fabiana (che già intuiva come sarebbe andata a finire), “ma no, se non altro sono europei”. 
Rincuorata da siffatta accondiscendenza e dal numero di copie disponibili in biblioteca del Nobel Peter Handke mi dissi che, perbacco!, il gruppo di lettura meritava un incontro sul pezzo. Questa volta, si legge un Nobel fresco di critiche. E tante altre ne avrebbe ricevute…

Indipendentemente dal libro scelto, intorno a pagina 7 (qualcuno si è spinto fino a pagina 20), sono sorti i primi dubbi: mi sa che non ho capito; aspetta, torno indietro, la stanchezza gioca brutti scherzi. Sono le 23, la giornata è stata pesante e devo aver perso per strada qualche verbo. Forse anche il soggetto. Ora che ci penso bene, ma c’è un soggetto in questa frase? No, niente, non afferro. Oddio, vuoi vedere che nella fretta ho preso il libro in lingua originale? Il tedesco, si sa, è un po’ indigesto. No, no. È proprio la traduzione italiana. Ah, l’analfabetismo di ritorno! A forza d’inviare WhatsApp e faccine non riesco più a capire dieci paginette scritte, per giunta, da un Nobel!    
Intorno a pagina 25 (indipendentemente dal titolo scelto): uh, però, una volta entrato nello stile è tutta un’altra cosa. Che lirica, che poesia, che mente geniale! Onirico; frammenti che, presi singolarmente, ti aprono un mondo dai contorni indefiniti ed evanescenti. Come in un sogno; anzi, no, come nella sfuggevolezza del dormiveglia quando quel sogno ti sembra di averlo ancora tra le dita e poi puff!, svanisce. Frammenti che quando li rimetti insieme ti chiedi… ti chiedi… scusa Peter, esattamente, cosa volevi dire?
Ma no, il punto è che Peter è un genio, perché a raccontare una passeggiata in mezzo ai boschi so' boni tutti. Solo in pochi sanno raccontarla senza raccontarla. E Handke è così immenso, così bravo, che quasi quasi lo metto da parte e lo leggo tra qualche anno, quando avrò più tempo per studiarlo. Ora sarebbe uno spreco.  
No, abbiate pazienza, mi state dicendo che solo perché uno sa scrivere storie assurde, che il 70% delle persone di cultura media non riesce a comprendere, è un genio? Da lettrice, posso chiedere che mi venga regalata una bella storia, godibile, lineare, che mi regali emozioni diverse dallo scaraventare il libro dall’undicesimo piano, con buona pace dell’Accademia di Svezia? Cara, ma l’arte è anche sperimentare forme nuove; prendi la pittura, per dire, bisogna spingersi oltre le Madonne rinascimentali alle quali siamo state abituate per anni.
Sì, indubbiamente. Però c’è un limite anche alla sperimentazione. Prendi la merda di Manzoni. Quella me la chiami arte?
Panico in sala. Eravamo appena rientrati da una passeggiata serale (Pomeriggio di uno scrittore), avevamo messo da parte con sollievo paratassi e ipotassi, la spinosa questione serba e il funerale di Milosevic… insomma, il peggio sembrava passato, quando le scatolette di Manzoni, Piero, rischiano di far venire un coccolone alla povera Annamaria. La maledizione di Peter Handke si scaglia sull’ignaro gruppo di lettura. Vedi che ha ragione lui nello scrivere quei romanzi sull’incomunicabilità? È tutto un equivoco: siamo convinti di dire una cosa ma ne diciamo un’altra. Un’osservazione innocente può far nascere una rissa (Prima del calcio di rigore).
Pausa. La “merda d’artista”, espressione del post-dadaismo (così sostiene un quotidiano di cultura on line) dell’artista Piero Manzoni, niente ha in comune con I Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Sia chiaro. Anna Maria ricomincia a respirare. Tiziana riprende colore. Possiamo tornare allegramente all’inquietudine e alla dissociazione di Peter Handke. 
Il buon Peter che, certo, non aiuterà la new entry Luigia a superare il blocco del lettore ma ha rinvigorito l’autostima di Luigi: dopo aver letto Handke, affrontare Aspettando Godot è stata una passeggiata. L’ho capito!   


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