Alice Munro, Nemico, amico, amante…
«E
niente, neanche questa sera potrò essere dei vostri». Non ho imputato ad Alice Munro le numerose defezioni degli equiLibristi all’incontro di
aprile. Impegni di famiglia, esami universitari, imprevisti in ufficio;
costruiamo le nostre giornate a mo’ di puzzle. Salta un pezzo e si sfalda
tutto. Pazienza.
Quando
però sono arrivata in biblioteca e dal gruppo degli irriducibili s’è levato un
coro di «Professoressa, oggi non interroga, vero?», ho iniziato a sospettare
che potesse esserci una relazione tra le numerose assenze e la lettura di Nemico, amico, amante…
Gli
equiLibristi del giovedì confermano i dati diffusi a livello nazionale:
- il
racconto, questo sconosciuto. I presenti, escludendo Lina, sono soliti leggere
romanzi. Alcuni erano alla prima esperienza (da adulti) di lettura di racconti;
- i
Nobel della letteratura tirano poco. La notizia del Nobel genera curiosità, ma
non è un fattore determinante nella scelta della prossima lettura. Tranne
Silvana, nessuno tra i presenti aveva già letto qualcosa della Munro.
In
generale, confesso d’esser rimasta spiazzata dalle impressioni dei “miei”
lettori. Ce ne sono alcuni che conosco ormai da un paio di anni e, per quanto
l’esperienza della lettura sia sempre soggettiva e contingente (un libro letto
oggi potrà sembrare completamente diverso dallo stesso libro letto con uno
stato d’animo diverso), avevo la certezza che i racconti della Munro sarebbero
piaciuti molto a Lina, Annamaria, Fabiana, Marina e Antonella.
Smentita
subito da Lina: «Sebbene sia una lettrice di racconti, ho faticato parecchio
nel leggerli. Tutte donne, tanto Canada, molti spunti autobiografici, qualche
racconto più coinvolgente di altri, però m’è sembrato tutto molto superficiale.
Come se non riuscisse ad entrare davvero nella vita delle donne che racconta.
Sì, l’ho terminato, ma non è un libro che regalerei. Mia sorella, per dire, me
lo lancerebbe dietro».
Si
materializzano in un attimo le tante mani delle persone a cui ho regalato Nemico, amico, amante… mentre si
trattengono dallo scagliarmi contro il libro.
«La
Munro sa scrivere, non c’è dubbio. Quanto meno, la traduzione (di Susanna
Basso) è notevole. Però ho avuto la sensazione di una scrittrice più
interessata alla ricerca della parola giusta, al piacere della bella frase che a
raccontare un episodio. Una scrittura artefatta, troppo costruita, quasi
perfetta. E poi mi è accaduta una cosa strana e insolita: iniziavo un racconto,
qualche volta mi sembrava persino di vedere la scena, sentire gli odori. Poi
chiudevo il libro e il giorno dopo non ricordavo più nulla (penso, ad esempio,
al racconto Il ponte galleggiante). Mi
sfuggivano i personaggi, la storia; come se la forza narrativa svanisse con la
chiusura del libro. Perché?». Nessuno ha saputo dare una risposta a Tiziana, ma
è stata una sensazione comune. Silvana, ad esempio, che in precedenza aveva
letto i racconti contenuti nella raccolta In
fuga, a distanza di pochi anni ne ricorda a malapena uno. Ha rimosso tutto
il resto. Non le è rimasto neppure il tema centrale su cui, spesso, ruotano i
racconti di una stessa raccolta, come sa bene Renata. «In tutti questi racconti
c’è un profondo senso di solitudine. Non se ne riesce a venir fuori. Però ho
apprezzato la forza di alcune donne, la loro capacità di reagire, la loro
determinazione, basti pensare alla Johanna del primo racconto».
La
condivisione dell’esperienza di lettura ha rassicurato il povero Luigi che ha
mollato il libro dopo aver provato a leggere un paio di racconti. «Non
ricordavo i nomi, non capivo più chi facesse cosa; non riuscivo ad entrare
nella storia. Penso sia colpa dell’età».
No
Luigi, mi sa che l’età c’entra ben poco.
«Devo
esser sincero: fino ad oggi, in questo gruppo di lettura mi hai rifilato libri
ai quali non mi sarei mai avvicinato. Me ne son piaciuti parecchi. Ma questo
qui non l’ho apprezzato affatto». Forse perché è una scrittura intimista, forse
perché gli uomini trovano meno appassionante questo tipo di narrazione rispetto
a noi femminucce, ipotizza Silvana.
Nì,
sia Gerardo/Dino che Luigi non si barricano dietro la scrittura di genere,
anzi, reputano stimolante percorrere le mappe mentali di una donna, esplorare i
pensieri dell’altro sesso. Semplicemente, non hanno trovato questi racconti di
loro interesse. Poi, va anche detto che i personaggi maschili qui dentro non ne
vengono fuori troppo bene. «Sicuramente la descrizione delle figure maschili è
di parte», sottolinea Gerardo.
Candida,
Annamaria e Marcella fanno fronte comune. Si sono ritrovate nelle donne della
Munro; Marcella ha preso nota di tutti i tradimenti, maschili e femminili, di
tutti i visoni (!!), di tutti i brandelli di vita che la scrittrice ha infilato
nelle sue narrazioni. Annamaria ha amato Il
ponte galleggiante (che ha riscosso molti consensi), ha quasi rimosso Ortiche, salvo poi ricostruirne la
storia ed esclamare «Ah, sì! Ortiche!»
A
sorprendermi più di tutte è stata Candida: ero certa avrebbe distrutto la Munro
con una delle sue frasi lapidarie. Invece, questi racconti le son piaciuti e
l’ha detto quasi timidamente, con una dolcezza e un’esitazione degne della
Lorna di Post and Beam.
Meno convinte
Valeria, Pina e Antonella. Valeria ha apprezzato la schiettezza della Munro;
Pina e Antonella avevano già confessato di non aver terminato la lettura perché
prese da altri impegni. Ma il lettore sa che “gli altri impegni” talvolta sono
un pretesto che raccontiamo anche a noi stessi. Un libro che piace ci risucchia
nella storia facendoci fare cose incredibili pur di andare avanti con la
lettura. Quando ciò non accade, è perché l’autore non ha saputo coinvolgerci o semplicemente
non era il momento giusto per quel libro. Comunque, per quanto mi riguarda, mi
avvalgo sempre del diritto di chiudere il romanzo e riprenderlo in un secondo
momento (o forse mai più).
Da
casa/ufficio/scuola giunge voce che:
- Gianluca:
il libro m’è piaciuto molto; in fondo ero stato io a proporlo.
In
realtà, aveva proposto In fuga, ma la
scrittrice è la stessa.
- Fabiana:
molto apprezzato. La morte resta una delle tematiche dominanti. Ho adorato Conforto, il racconto in cui c’è la
polemica contro i creazionisti. Aggiungo un’osservazione sul genere racconto:
ho trovato delle affinità tra il pensiero
della Munro e quello di George Saunders (di cui sto leggendo il libro L’egoismo è inutile). Per dirla con le
parole di Saunders (trascritte da Fabiana):
Note
a margine:
- Come
faceva notare Renata, la scelta del titolo italiano non è delle più felici.
Suppongo che la casa editrice abbia preferito puntare su un titolo ad effetto,
più efficace dal punto di vista commerciale. Il titolo originale è Hateship, Friendship, Courtship, Loveship,
Marriage.
- Tra
i racconti più citati dagli equiLibristi Il
ponte galleggiante, Conforto, The Bear Come over the mountain. Tra i
meno citati, Queenie e Quello che si ricorda (di cui,
evidentemente, si ricorda ben poco).
Termina
così la nostra prima esperienza di lettura di racconti. Ne programmiamo
un’altra?
Alice Munro, Nemico, amico, amante… (titolo originale
Hateship, Friendship, Courtship,
Loveship, Marriage), traduzione Susanna Basso, Einaudi, 2003.
Allora guardami, vedi una che legge vero? Eppure della Munro ho letto 3/4 di troppa felicità e lì sono rimasta, e non dipende dai racconti. Anche la Strout ha scritto racconti eppure me li sono bevuti. Paolo Zardi, prima di passare al romanzo ha scritto il giirno che diventammo umani e ci sono racconti a cui non aggiungerei una virgola. Perché non dovrei credere alla forza di un racconto visto che ne scrivo?Ma la Munro non fa presa su di me, punto
RispondiEliminaUn'Amanda categorica! Nel nostro gruppo di lettura avresti avuto un successone!!
EliminaIgnoro la scrittura di Paolo Zardi. Prendo nota e mi ritiro umilmente a riflettere.