L’ibisco viola, Chimamanda Ngozi Adichie - L'opinione degli equiLibristi



Sembrava che ogni cosa remasse contro gli equiLibristi: le copie mancanti, l’assenza di piccioni viaggiatori per il trasporto dei libri da una biblioteca all’altra, il traffico romano che non permette di raggiungere Ciampino in tempo utile… Sembrava dovesse esser un appuntamento sottotono e invece, barcamenandosi tra un imprevisto e l’altro, gli equiLibristi hanno inaugurato la seconda stagione degli incontri in biblioteca con rinnovato vigore e una buona dose di zuccheri: piccoli fiori di ibisco (rossi) canditi, direttamente da Creta. Il gruppo, dimentico di diete e carie, ringrazia Gianluca che ha addolcito la durezza del romanzo.   

In generale, L’ibisco viola, della nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, ha riscosso successo. È piaciuto a Candida, che l’aveva suggerito dopo aver ascoltato il consiglio di lettura di Michela Murgia. Ha sofferto per le punizioni inferte a Kambili e Jaja, si è chiesta come possa una madre restar impassibile davanti ad un marito che tortura i propri figli. Un marito, Eugene, ossessionato dal fanatismo religioso e che adora un Dio troppo crudele. Candida, si è domandata come possa una donna riscuotersi dal torpore e reagire non a seguito delle percosse ricevute, ma solo nel momento in cui le vengono (accidentalmente) distrutte quelle statuine che spolvera religiosamente e con affetto. Può una mamma essere così remissiva nei confronti di un marito e padre violento? Le ha risposto in parte Luigi, convinto del fatto che Eugene, padre della voce narrante Kambili, pesti figli e moglie in assoluta buona fede. È ciò che facevano i padri missionari con lui da ragazzo, ogni volta che sbagliava, ed è ciò che Eugene replica in famiglia nei confronti dei suoi cari. Uno dei mezzi per raggiungere la salvezza eterna. «In fondo, le punizioni corporali ai nostri tempi, nell’Italia di 50 anni fa, non erano un tabù».
Stessa opinione di Rita, che decontestualizza il romanzo dal territorio nigeriano: «Accadeva in Italia fino a pochi anni fa. Magari le punizioni non erano così crudeli, sicuramente le motivazioni erano diverse, ma non so quanto sia connesso l'atteggiamento di Eugene con le conseguenze del colonialismo». Ad inquietare, come fa notare Dino, è la personalità di Eugene: coraggiosamente incorruttibile nei confronti di un sistema politico corrotto e padre-padrone verso moglie e figli. Una personalità così complessa e così ben descritta da far interrogare su quanto ci sia di autobiografico nel romanzo (si direbbe poco, leggendo le interviste rilasciate dall’autrice).
Gianluca si sofferma sulle scelte linguistiche: è vero che veniva dalla precedente lettura di Faulkner, è vero che la voce narrante è quella di una ragazzina, ma via!, uno stile esageratamente asciutto, troppo elementare. E poi, diamine, i tipi dell’Einaudi avrebbero potuto mettere un piccolo glossario per rendere più comprensibile qualche termine igbo di cui davvero non si capisce il senso.
Anche l’ultima arrivata, Rita (benvenuta!), che non conosceva l’autrice e che veniva da letture raffinate e scritture colte, ha manifestato qualche perplessità sulla scelta stilistica della Adichie. «Forse sono troppo abituata ai classici e agli scrittori contemporanei un po’ in là con l’età. Mi son chiesta se questo stile così elementare fosse una scelta precisa o se semplicemente i giovani prediligano una scrittura immediata, senza perdere troppo tempo a giocare con le parole».   
La corrispondenza di amorosi sensi tra Fabiana e Marina le ha portate a condividere la lettura a distanza, sostenendosi nei passaggi più crudeli. Le giovani mamme mal sopportano le violenze nei confronti dei figli, men che mai nei romanzi. Ma entrambe hanno già inserito Americanah (terzo romanzo della Adichie) tra le prossime letture. Contrariamente alla mia percezione, Fabiana ha trovato molta Nigeria nell’Ibisco viola. Ne ha colto i profumi, i colori, la cucina. Sensazione che non ha provato, invece, Marcella, pur avendo apprezzato il romanzo. «Una grande capacità di farci vedere i personaggi, di soffermarsi sui dettagli; l'autrice ha descritto meravigliosamente il linguaggio degli occhi con cui comunicano Kambili e Jaja».
È un romanzo femminista? Sì, no, opinioni controverse.
E poi, quanto incide l’educazione nella vita di un individuo? Perché due fratelli, Ifeoma e Eugene, entrambi educati dai missionari, finiscono per essere l’una tollerante verso tutte le religioni e l’altro un integralista con i paraocchi? Beh, uno dei due è femmina, conta poco; presumibilmente i missionari avranno applicato un lavaggio del cervello più blando. Ottima osservazione di Rita.
Standing ovation finale per il nonno paterno, Papa-Nnukwu, il pagano (se lo guardiamo con gli occhi di Eugene), o il tradizionalista (dal punto di vista di zia Ifeoma), il solo cristiano tra i sedicenti cristiani del romanzo, per dirla con le parole di Luigi.



Note a margine: i consigli di lettura di Carla.

Carla non ha avuto modo di leggere L’ibisco viola ma, seguendo un pezzo di discussione, ne è rimasta incuriosita.  Le piace conoscere culture diverse ed ha un amore, neanche troppo segreto, per la narrativa araba. Ci suggerisce qualche titolo; ce ne sono alcuni pubblicati da case editrici note, ma non è detto che siano autori a noi familiari. Io, per esempio, ignoravo l’elenco che vi riporto. 
Sebbene ce ne siano pochissime copie, tutti i libri sono presenti nel Sistema bibliotecario dei Castelli romani o nel catalogo delle Biblioteche di Roma. Non vi resta che scegliere.

- La terrazza proibita di Fatema Mernissi, Giunti;
- Vedova d’allegria di Ghada Samman, editore Abramo;
- Uomini sotto il sole di Ghassan Kanafani, Sellerio;
- Ritorno ad Haifa di Ghassan Kanafani, edizioni Lavoro.

Buone letture!

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